Il piede del bambino non è da vedersi come una miniatura del piede dell’adulto.
È importante sapere, per evitare falsi allarmismi, che nei primi 8-10 anni di età per un bambino è normale avere il piede piatto.
Infatti il piede piatto rappresenta un vantaggio quando il bimbo inizia a fare i primi passi: la pianta del piede più ampia fornisce un appoggio migliore e facilita l’equilibrio.
È solo dopo gli 8 anni di età, con piccole variazioni soggettive legate alla crescita che non è uguale per tutti gli individui, che il piede riceve gli stimoli per “trasformarsi”.
Bisogna però ricordare che esiste anche un piattismo del piede fisiologico. Talvolta avere i piedi piatti infatti può essere una semplice caratteristica come avere gli occhi verdi o azzurri!
Un piede piatto, non patologico non è da operare.
Come facciamo quindi a capire se ci troviamo di fronte ad una situazione parafisiologica o ad una deformità che merita un approfondimento in più?
Se stessimo parlando di un adulto non si negherebbe una radiografia del piede bilaterale in carico per studiare l’atteggiamento del piede in ortostasi (stando in piedi) anche da un punto di vista scheletrico e biomeccanico.
Parlando invece di bambini, il nostro atteggiamento è quello di evitare di far prendere raggi se non strettamente necessario. È quindi importante un approfondito esame clinico. Il bimbo va osservato in piedi e mentre cammina, bisogna tenere in considerazione il bilanciamento della muscolatura, valutare un eventuale affaticamento del tendine tibiale posteriore, esaminare il tricipite per un eventuale allungamento se necessario.
Nel bambino non è il dolore a guidarci. Spesso infatti i bimbi sono ansintomatici o riferiscono una sintomatologia tipicamente limitata all’attività sportiva, questo per la grande capacità di adattamento tipica di questa età.
Piede piatto nel bambino: le opzioni terapeutiche
Solo in alcuni casi è necessario ricorrere all’intervento chirurgico, mentre più attenzione deve essere posta nella prescrizione del plantare.
Infatti è stato dimostrato ed è presente nella letteratura medica, come spesso si consigli in modo eccessivo l’utilizzo del plantare a fini correttivi.
Il plantare non è come un apparecchio per raddrizzare i denti: la correzione che si ottiene con il plantare è solo provvisoria e limitata al suo utilizzo. Nel momento in cui il bambino rimuove e non utilizza il plantare il piede ritorna all’appoggio naturale quindi torna piatto se era piatto di partenza!
Costringere quindi i bambini ad utilizzare plantari talvolta molto impegnativi o effettuare ginnastiche a scopo correttivo non è in realtà la scelta terapeutica corretta.
Per prima cosa un bambino deve essere libero, poter scegliere lo sport che preferisce senza sentirsi limitato o costretto nelle scelte da obiettivi terapeutici che non si finalizzano.
Se ad un bambino, che non ha mai portato i plantari, viene diagnosticata una sindrome pronatoria, non è quindi per colpa dei genitori che non hanno posto sufficiente attenzione e cura nei confronti della problematica.
Il plantare può essere invece un aiuto valido nel caso di un paziente sintomatico: possono essere ideati plantari su misura, tenendo conto delle abitudini sportive del piccolo paziente (specialmente se è proprio l’attività sportiva la causa principale del dolore) in modo da adattarli il più possibile alla calzatura e da non essere vissuti come un limite o un ingombro.
Nel caso in cui invece ci si trovi davanti a situazioni patologiche che necessitano di una correzione, verrà proposto un intervento chirurgico.
Piede piatto bambino: intervento chirurgico
L’intervento è un intervento mini-invasivo.
Consiste nell’inserimento di una protesina, della dimensione di una piccola vite, che viene introdotta in una cavità già esistente, il seno del tarso, riducendo quindi al minimo l’invasività. Questa protesi ha lo scopo di inviare stimoli al piede per farlo crescere nella posizione corretta. Ecco perché è importante che questo avvenga quando ancora la crescita ossea non è terminata, quindi attorno ai 12 anni di età circa.
Il paziente uscirà dalla sala operatoria con 2 stivaletti gessati sui quali potrà camminare, il cui scopo è solamente quello antalgico e di protezione. Verranno rimossi a 15 giorni dall’intervento.
Il piccolo paziente potrà camminare subito l’intervento e potrà tornare a correre dopo 30 giorni, mentre il completo rientro in campo e quindi la completa ripresa di tutte le attività sportiva potrà avvenire a 3-4 mesi dall’intervento.